Alcuni miei consigli per avvicinarvi in modo ragionato alle Christmas Songs, colte in quel terreno che offre prevalentemente roots punk folk e rock’n’roll.
Elenco solo alcune delle mie preferite, desunte da miei album che potrebbero non essere più in circolazione. Non ho verificato, potreste però trovarne alcune su Apple Music, Spotify o Tidal e farvi una playlist.
Escono un po’ dal seminato, eludendo quel che potete ascoltare in diffusione, e a ripetizione, nei centri commerciali.
Enjoy it!
Come prima cosa preparate una cartolina di auguri per la grande Annie Lennox e mandate un pensiero a tre prodi della nostra musica che non ci sono più: Jimmy Buffet, J.D.Souther e Shane McGowan. Tutti nati il 25 dicembre. La prima, nella fase Eurythmics, aveva cantato, meravigliosamente sorretta dall’armonica di Stevie Wonder, There must be an angel (Playing with my heart), immaginandosi immersa in un’orchestra di angeli. “Nessuno sulla terra può cantare così”, ripeteva lei, in quella che era una canzone ascrivibile al clima natalizio senza essere dichiaratamente una carola. Due anni dopo, nel 1987, chiamata a raccolta dagli organizzatori per il primo volume di quella che si sarebbe rivelata una gran bella serie discografica, denominata A Very Special Christmas (incassi in favore della ricerca sul ritardo mentale, grafica di Keith Haring), la Lennox incise con il suo sodale Dave Stewart una bella versione di Winter Wonderland del 1934, una delle 25 canzoni natalizie più eseguite del secolo scorso. In quel disco c’erano anche Bob Seger (Little Drummer Boy), John Cougar Mellencamp (I Saw Mommy Kissing Santa Claus) e Bruce Springsteen (Merry Christmas Baby), e forse bastano questi tre nomi a farvi correre.
L’indimenticato leader dei Pogues Shane McGowan pur non avendo mai inciso un Christmas Album è una voce natalizia ricorrente perché la sua atipica, sbilenca, amatissima canzone di Natale è Fairytale of New York, dialogo surreale tra due ubriachi, incastonato in un brano la cui storia (cercatevela) è un romanzo. Lui e lei (voce femminile Kirsty MacColl) litigano aspramente per strada. Nel video un poliziotto (il cameo è di Matt Dillon) incastra McGowan nel Lower East Side, un’orchestra di grancasse e cornamuse suona davanti all’arco di Washington Square, ma quando lei si avvicina al pianoforte di lui è magia. Siamo dalle parti del romanticismo ad alto tasso alcolico di Tom Waits. Meraviglia.
Se poi intendete restare dalle parti dell’Irish Sound in salsa natalizia il vostro disco è The Bells Of Dublin dei Chieftains, dove il gruppo canta con Elvis Costello (un altro noir, intitolato St.Stephen’s Day Murders), Jackson Browne (The Rebel Jesus, una delicata anti-christmas song che accusa i fedeli di impegnarsi in preghiere spesso ipocrite) e Rickie Lee Jones (la classicissima O Holy Night, insieme a Suzie Katayama).
Aspri nei suoni ma amabili per le intenzioni furono i Ramones nel 1989 quando registrarono Merry Christmas (I Don’t Wanna Fight Tonight), un numero punk composto da Joey Ramone che intendeva regalare un po’ di distensione in un momento di conflitti interni alla band.
Se queste frequenze fanno per voi, se i quattro sempre fasciati di pelle vi fanno suonare qualche corda, gettatevi su Punk Goes Christmas (2013), doppia compilation della Fearless in cui i Man Overboard cantano Father Christmas dei Kinks e gli Yellowcard, altro Punk USA ma da Jacksonville, strapazzano un po’ Christmas Lights dei Coldplay. Se gradite i Green Day questo pezzo vi conquisterà. È, quello dei Ramones, degli Yellowcard ma anche quello dei Coldplay, un rock che attraverso le canzoni natalizie offre un segno di pace.
Come fece anche Nick Lowe nel 1974 con i suoi Brinsley Schwarz (What’s So Funny ‘Bout) Peace, Love And Understanding. Non proprio natalizia come carta d’identità (ma influenzata, a detta dello stesso ex Rockpile, da Jesus Was A Cross Maker della cantautrice Judee Sill), la canzone, dal 1979 quando Elvis Costello la inserì nel suo album Armed Forced prodotto proprio da Lowe, è entrata nelle scalette di molti artisti ed è stata suonata in occasione di concerti e benefit natalizi.
“The Christmas Extravaganza” erano nominate le serate a tema organizzate dall’ex Stray Cats Brian Setzer che con la sua combriccola swing, la Brian Setzer Orchestra, tanti leggii, tanti fiati, tanto rock’n’roll, si divertiva a riproporre tutto lo scibile natalizio sempre accompagnato dalla sua prodigiosa chitarra Gretsch. Almeno tre i dischi – Boogie Woogie Christmas (2002), Dig That Crazy Christmas (2005) e Rockin’ Rudolph (2015) – che non possono mancare nei vostri scaffali se amate il rockabilly che lì esplode sterzando verso le tonalità del country. Nell’orchestra ha fatto anche capolino il pianista Matt Rollings, un vero maestro quando si tratta di incrociare le carriere di artisti di quell’area li.
Di nomi del country, o songwriter e assimilabili al genere potrei qui consigliarvi un’infinità di dischi. Ne hanno pubblicati parecchi, e che vi piaccia o meno la scrittura delle canzoni natalizie sono bellissimi.
Parto a raffica per concentrarmi poi su un solo titolo: fidatevi di John Denver, Dan Fogelberg, Shawn Colvin, Jesse Colin Young, Shelby Lynne, Kenny Loggins, Dwight Yoakam e Chris Isaak, ma la palma del miglior album “natalizio” di un cantautore va A John Prine Christmas (Oh Boy, 1993). Perché è conciso (8 tracce), a fuoco, originale. Prine pesca un titolo tradizionalmente preda un po’ di tutti, I Saw Mommy Kissing Santa Claus del 1954, ma gli affianca canzoni adatte, grazie a un egregio lavoro di compilazione. Ecco brani autografi come All The Best, in versione live, che è un augurio bellissimo, If You Were The Woman And I Was The Man, anch’esso dal vivo con i Cowboy Junkies, e il bellissimo Christmas In Prison così come venne trasmesso, in versione acustica, da una stazione radio nel Tennessee.
Steve Earle non ha all’attivo nulla di prettamente natalizio ma con lo stesso gusto un po’ amaro e grossomodo lo stesso sound di Prine confezionò nel 2004 un autentico capolavoro: Christmas In Washington, che oltre a lanciare strali verso i repubblicani per la loro politica estera durante la guerra in Iraq (“Non nevica più a Natale a Washington, il Presidente siede nella Casa Bianca senza sapere cosa fare”) rifletteva con amarezza quel senso di paura che pervadeva il paese (“Ti prego torna da noi Woody Guthrie, asciugati gli occhi dal Paradiso dove ti trovi e risorgi”).
Anche l’America delle band ha prodotto album natalizi significativi.
Spaziando nel tempo e negli stili, citerei il Christmas Album dei Beach Boys (1964), Have Yourself A Tractor Christmas (The Tractors, la band di Steve Ripley, anno 1995), il ruvido Christmas Time Again dei Lynyrd Skynyrd (2000) e Llego Navidad dei Los Lobos (2019). I Lupi si presero la briga di raccogliere e valutare circa 150 canzoni della tradizione latina per affiancarne undici – tra cumbia, ranchera, son jarocho e tex-mex - e comporre la loro Christmas And You.
Vedete? Ce n’è per tutti i gusti. O quasi.
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