mercoledì 27 gennaio 2016

STEVE VAN ZANDT
discografia consigliata 1976-2016
40 anni di produzioni

Questa vuole essere una lettura utile ad accompagnare la mia lunga intervista a Van Zandt che Classic Rock pubblica sul numero di Febbraio (il 39, ora in edicola). 

La foto di Van Zandt pubblicata qui sotto e le altre con Darlene Love che concludono la discografia mi sono state gentilmente concesse dall'artista e sono di Josh Goleman.

Buona lettura!





Southside Johnny & the Asbury Jukes - I DON'T WANT TO GO HOME (1976)

E' l'anno dopo Born to Run. La voce di Johnny Lyon, all'esordio, è unica, le canzoni sono gioielli e non solo quando le firma Springsteen (You mean so much to me, un duetto Lyon/Ronnie Spector, e The Fever, gigantesca). Van Zandt produce magistralmente, scrive l'epica title-track e nelle note il Boss lo definisce "soul man extraordinaire". Steve promosso sul campo.

Southside Johnny & the Asbury Jukes - THIS TIME IT'S FOR REAL (1977)

Sezione fiati imponente (in parte la ritroveremo con Springsteen undici anni dopo, in tour), il miglior campionario di special guest possibili in campo vocal groups (dai Coasters ai Five Satins, ci sono tutti), quando Van Zandt e Springsteen scrivono insieme partono i fuochi d'artificio in tutto il New Jersey. Altro voto altissimo.


La copertina del singolo "Say goodbye to Hollywood"
(Van Zandt è al centro, in piedi. Seduti, Springsteen e Ronnie Spector)


Ronnie Spector and the E Street Band - SAY GOODBYE TO HOLLYWOOD (1977) 45 giri

Con un passato passato glorioso come il suo nelle Ronettes, Ronnie Spector, ex moglie di Phil,  avrebbe meritato di più. Questa è la cosa più memorabile del suo percorso solista. Ci si ferma a un singolo, per vari problemi. Un'occasione simile non tornerà più.  Arranged and produced by Sugar Miami Steve, dice la copertina di questo introvabile vinile.

Southside Johnny & the Asbury Jukes - HEARTS OF STONE (1978)

Disco che completa una trilogia imperdibile (i primi tre dischi di Southside Johnny). Basterebbero la title-track (proposta da Springsteen in TRACKS solo nel 1998) e Talk to me (in THE PROMISE del 2010) a renderlo indispensabile. Invece è tutto da 9 in pagella. Finisce qui il rapporto a tempo pieno di Van Zandt con i ragazzacci dei Jukes.


Gary US Bonds e la E Street Band

Gary U.S. Bonds - DEDICATION (1981) / ON THE LINE (1982)

Vanno cercati in cd versione "compatta" (un solo disco a contenere i due vinili di un tempo) questi preziosi titoli di Gary Anderson, l'uomo di Quarter to three che a un certo punto, nel post-THE RIVER, incontra Springsteen e la E Street Band e ricomincia la vita. Van Zandt e Bruce producono insieme canzoni loro ma anche dei Beatles (It's only love), di Dylan (From a Buick 6) e di Jackson Browne (splendida la rilettura soul di The Pretender).

Little Steven & the Disciples of Soul - MEN WITHOUT WOMEN (1982)

Cinque album per Van Zandt tra il 1982 e il 1999. Questo ha le migliori canzoni (su tutte Lyin' in a bed of fire e Until the good is gone ma la track list è perfetta), dei fiati poderosi e una produzione che esalta il meglio delle capacità di Van Zandt.  Arriveranno sonorità più dure in VOICE OF AMERICA, poi il funk e una scrittura meno efficace a spegnere un passo dopo l'altro una carriera da solista che poteva dare di più ma che non è affatto trascurabile, come prova GREATEST HITS, pubblicato nel 1999 (a ridosso del Reunion Tour di Springsteen con la E Street Band) e contenente il meglio dei primi tre album, tutti su etichetta Emi.

Artisti Vari - SUN CITY (1985)

Van Zandt mette insieme proditoriamente tanti grandi artisti (da Bono a Springsteen, da Jimmy Cliff a Lou Reed) e lancia un j'accuse contro la politica sudafricana che tollera l'Apartheid. Questo coro soul-funky e mille altri sono quelli che porteranno Nelson Mandela verso la libertà, la presidenza del paese e il Nobel per la pace.  L'album contiene, oltre alla canzone del titolo, popolarissima in quegli anni, altre sei tracce, nelle quali spiccano Peter Gabriel (No more apartheid) e Bono con Keith Richards e Ron Wood (l'acustica, bluesy Silver and Gold).

Springsteen, Eddie Kendrix e Jimmy Ruffin dei Temptations
sul set del videclip realizzato per "Sun City" 

Lone Justice - SHELTER (1986)

Dopo avergli dato Sweet sweet baby, presente nell'album di esordio della band di Los Angeles, Van Zandt offre ai Lone Justice di Maria McKee il suo tocco (con l'aiuto - una garanzia - di  Jimmy Iovine) e vi aggiunge la title-track. Il crossover tra certe sue vecchie teorie e la voglia di suonare nuovo che Van Zandt ha non giovano più di tanto al gruppo. Il disco è energico e contiene buoni brani (I found love, Wheels) ma è un canto del cigno. La band si ferma lì e il suo chitarrista Shane Fontayne accompagnerà Springsteen nel tour 1992-93, dopodiché torneranno Van Zandt e la E Street Band.

Southside Johnny & the Asbury Jukes - BETTER DAYS (1991)

Tredici anni dopo THIS TIME IT'S FOR REAL si rinnova il sodalizio tra Johnny e Steve, i vecchi amici. E torna la magia di un suono tutto fiati e soul bianco che si era andato un po' smarrendo nella discografia dei Jukes.  Tappeto rosso per la serie A del Nel Jersey, arrivano Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen, e It's been a long time è un nuovo inno all'amicizia, come lo era stato I don't want to go home. Ovviamente con BETTER DAYS il cantante di Neptune, NJ tocca nuovamente i vertici della propria arte.

Bruce Springsteen, Southside Johnny e Steve Van Zandt
fotografati allo Stone Pony di Asbury Park durante la registrazione
dello speciale live in supporto dell'album "Better Days".

Arc Angels - ARC ANGELS (1992)

Due grandi chitarristi, Doyle Bramhall II e Charlie Sexton, più la sezione ritmica del compianto Stevie Ray Vaughn chiamano Van Zandt a rendere ancora più robusto e un po' soul il loro blues imbevuto di southern rock. Steve gioca in trasferta ma tiene benissimo il campo. Disco anomalo nel suo percorso ma molto riuscito.





AA.VV. - THE SOPRANOS (music from the HBO original series) (2001)

Segue di due anni il volume 1 ed è più promettente. Promette che presto (ma sono intanto passati quindici anni) i misteriosi Lost Boys di Affection faranno un full album (vedi intervista). Promette e mantiene nel dirci che Van Zandt ha gusto, perché affianca Otis Redding ai Rolling Stones, Dylan a Van Morrison. E c'é anche Jovanotti con Piove. Compilation molto interessante.

Stevie Van Zandt - LILYHAMMER THE SCORE (2015)


50 tracce in vendita solo sul mercato digitale. Sono la colonna sonora delle tre stagioni di Lilyhammer, serie tv norvegese in cui Van Zandt oltre a produrre veste i panni del boss Giuseppe Tagliano. Tra brani d'atmosfera (prevalentemente jazz orchestrale) e slanci da crooner (All of me, My kind of town), Steve si traveste ora da Sinatra ora da Dave Brubeck con esiti accettabili. Non lascia a casa la chitarra e spuntano ogni tanto del rock'n'roll, psichedelia e il Salsa.


Last but not least...

Questa lunga analisi si conclude con una mia recensione del recente disco di Darlene Love apparsa sul sito musicale Distorsioni.net.
Per ovvii motivi ha un respiro più ampio rispetto alle schede stringate riservate agli altri album.
E' il prodotto più recente di Van Zandt e raccoglie tutta la sua filosofia, di musicista e produttore ed anche del music lover che lui stesso racconta di essere nell'intervista a cui si fa riferimento nella parte alta di questo articolo.




Nella foto: Van Zandt, Jake Clemons e Darlene Love in studio durante le registrazioni di Introducing.


Darlene love -  INTRODUCING (2015)

Quando si tratta di parlare di quell’ampio ponte che collega tra loro il suono anni ‘50/’60 di Phil Spector e l’Asbury Sound creato alla metà degli anni ’70 dalle gang di Springsteen e Southside Johnny c’è solo uno che può aprire bocca e mettere mano al banco di registrazione: questo è Little Steven o Steve Van Zandt, chiamatelo come preferite. Lui che fu complice e in qualche modo capobanda sia in Born to Run che in Hearts of Stone (punte più luminose del suono di quel lungomare del North Jersey) ha accolto, coccolato, riverito Darlene Love, settantaquattrenne con la verve di un ragazzina che i vecchi aficionados del rock’n’roll ricorderanno essere stata la voce leader delle Crystals e di Bob B. Soxx & the Blue Jeans, come dire anni splendenti per i Girls Group (con loro vanno citate anche le Ronettes e le Chiffons). Bruce, che cantava le sue canzoni con la E Street Band (“And then he kissed me” faceva capolino proprio nel tour di Born to run), l’ha ospitata sul suo palco più volte, compresa la serata al Madison Square Garden in cui vennero celebrati nel 2009 i 25 anni della Rock’n’roll Hall of Fame. 
Quella sera fu festa, e la E Street Band si divertì a replicare con lei quei successi di quando tutti erano ragazzi e dedicavano forse più ore al surf che agli strumenti musicali.

Darlene Love accompagnata dalla e Street Band e da alcuni
dei suoi coristi al Madison Square Garden di New York.
Introducing Darlene Love è un titolo spiritoso perché si usava ai tempi del r’n’r per introdurre gli sconosciuti sulle scene, roba da esordienti dunque, ma poi passi all’ascolto e le cose si fanno serie anche se molto, molto divertenti. Il lavoro svolto da Van Zandt ha dell’incredibile. Ha preso per mano Darlene facendole trovare canzoni scritte per lei dall’amico Boss (“Night closing in” è un colpo al cuore, è The River che incontra Willy de Ville), da Joan Jett (“Little liar”), da Costello (“Forbidden nights”, anche un video che sa di saturday at the beach) e dall’ex Four Non Blondes Linda Perry (oggi migliore firma nei dischi di Pink, qui autrice della superba “Love kept us foolin’ around”, con un arrangiamento fiati che ricorda tremendamente i Jukes). Tutto si esprime nella ridondanza (voluta) che ricorda le opere di Spector quanto l’esuberanza di alcuni momenti del recente Wrecking Ball di Springsteen (“Just another lonely mile”, da lui scritta, potrebbe essere proprio un’outtake da quel disco).

Un vecchio moderno che non dimentica ma non annoia. Anzi. C’è poi sempre Steven a dare il proprio tocco personale al tutto. La chitarra e i fiati in “Little Liar” sono il suo marchio di fabbrica, e due brani sono proprio il frutto della sua penna: “Among the believers” era sul suo Voice of America (1983) e “Last time” l’aveva composta lui per Gary U.S. Bonds ai tempi di un altro album, On the Line (1982), che come questo santificava il rock’n’roll della giovinezza attraverso la voce di un grande di quegli anni.
Operazione per appassionati del genere ed anche per curiosi di passaggio. Dove c’è una ruota panoramica che gira e un rollercoaster che produce rumore di ferraglia questa musica ci sta a pennello. Darlene Love vi è stata “presentata”, ora tocca a voi.


© 2016, Ermanno Labianca