martedì 17 luglio 2012

BRUCE SPRINGSTEEN E PAUL McCARTNEY AD HYDE PARK
Il Boss, il Baronetto, Woody Guthrie e l'uomo che stacca la spina



Londra, 14 luglio 2012: avevo un appuntamento con la storia e non lo sapevo. Un momento: se ami il rock'n'roll e lui si e' preso il posto piu importante tra le passioni della tua vita e la musica avvolge la tua vita, attraversandola da capo a piedi, e anche il tuo lavoro ne dipende fortemente, se prendi un aereo per andare a incontrare per l'ennesima volta Bruce Springsteen, la sua Legendary E Street Band, con annessi gli E Street Horns e un manipolo di coristi che sarebbe da farci ogni sera oltre all'Apollo medley anche lo Stax medley, l'Atlantic medley, il Curtis Mayfield medley e il Sam Cooke medley, se accade questo sai che stai andando comunque a prenderti un altro mattoncino della storia in corso della musica popolare, quella che nella sua fase piu' recente - diciamo gli ultimi sessant'anni? - ha condizionato e colorato il mondo, entrando con forza nelle sue trasformazioni storiche, nelle sue evoluzioni, nelle sue rivoluzioni e pure in ogni avvisaglia di involuzione. E' accaduto col girare gracchiante dei primi 45 giri, e' proseguito nella piu' ovattata tecnicita' dei compact disc, continua oggi nell'era della musica liquida.

Le canzoni di Woody Guthrie avvisavano il mondo. Quelle dei Beatles facevano ballare e sognare il mondo. Quelle dei Creedence Clearwater Revival facevano riflettere il mondo nei giorni del Vietnam. Quelle di Bruce Springsteen hanno migliorato il mondo, infondendogli coraggio e oggi lo proteggono consolandolo. Quelle dei Rage Against the Machine e ora di Tom Morello urticano il mondo di chi ha il potere e armano chi il potere non ce l'ha, anzi: non ha niente.
Nel giorno del centenario della nascita di Woody Guthrie, colui che sulla sei corde acustica con cui suonava "This Land Is Your Land" e "Ain't Got No Home" aveva scritto "questo strumento ammazza i fascisti", John Fogerty, Tom Morello ("armiamo i senzatetto", e' pennellato sulla sua sei corde elettrica), Paul McCartney e Bruce Springsteen hanno camminato e cantato, hanno saltato e suonato sullo stesso palco. Bruce padrone di casa per contratto, ma il suo palco, si sa, e' la casa di tutti.


A casa mia, le mie figlie sono ancora troppo piccole per capire tutto questo ma mi auguro ne beneficino in qualche modo nella vita che le attende. Ignorano Woody Guthrie, scansano malamente Bruce Springsteen ma sono state "punte" dai Beatles. Pur avendo ogni musica a disposizione, non sono partite né da Okemah né da Asbury Park: sono partite da Liverpool, Inghilterra, e saltano, con un entusiasmo che mi mette i brividi, da "From Me To You" a "We Can Work It Out". Anche io ho acceso il motore dell'interesse verso la musica con i Beatles, piu' o meno negli stessi anni in cui acquistai, in audiocassetta, l'album "Mardi Gras" dei Creedence Clearwater Revival. Nel primo caso mi lanciai con assoluta coscienza sulle canzoni di "Abbey Road", che conoscevo battuta per battuta, nel secondo prevalse del tutto il caso: il negozio di dischi suonava "Someday never comes" e la commessa era proprio carina. Tanto che non le fu affatto difficile fare quella strana vendita a un bambino. Ancora oggi ci ripenso e mi sorprendo di come le cose siano andate e di come tutto sembri scritto.
Le mie figlie, dicevo. Hanno scoperto l'esistenza di Abbey Road a sette anni. Sono state più precoci di me, tanto che quando mesi fa le ho portate a vedere l'esterno degli studi dove registravano i Beatles si sono messe spontaneamente a scrivere qualcosa sul muro. Un primo impulso che può significare tutto o niente, ma se esiste un senso di gratitudine verso la musica loro l'hanno mostrato subito.


A me capita di essere grato quotidianamente ai tanti che hanno prodotto la musica che mi ha nutrito e sostenuto negli anni, offrendomi possibilità, scenari, incontri. Tornare ciclicamente dove si consuma quel rito che è il rock'n'roll, una condivisione che rasenta la spiritualità, mi fa stare bene, giustifica tante cose che ho fatto nella vita e anche le tante che mi sono battuto per non fare. Rinnova in me la sensazione di avere fatto le scelte giuste e di non aver smarrito, mai, quella parte di me che mi spingeva a dieci anni, abbastanza misteriosamente, a comprare un disco minore dei Creedence Clearwater Revival o and andarmene in giro inventando le parole di "Octopus's Garden" e "She Came In Through The Bathroom Window" anzichè cantare "Montagne verdi".

A questo appuntamento con la storia ci sono arrivato immaginando che Springsteen avrebbe potuto suonare con John Fogerty che apriva per lui. E che forse Tom Morello, ospite in più episodi di "Wrecking Ball" e autore anni fa di una incendiaria cover di "The Ghost Of Tom Joad" a capo dei Rage Against The Machine, avrebbe fatto un salto a trovarlo nel suo set dopo avere suonato sullo stesso palco un paio d'ore prima. Poteva succedere ed è successo. Quello che che mi ha sopraffatto, ancora una volta, è quel grande disegno che sembra esserci dietro a giornate come quella che ho vissuto ad Hyde Park. Stavo per perdere l'aereo per Londra il giorno prima. Con la lingua alle ginocchia sono arrivato a pietire di essere ammesso all'ultimo volo possibile, ormai chiuso, visto che quelli del giorno successivo in cui era disponibile un posto non mi avrebbero consentito di arrivare in tempo ad Hyde Park. L'Hard Rock Calling, il Festival da cui Springsteen ha tratto il suo dvd "London Calling", quest'anno prevedeva, come detto, che Bruce suonasse nel giorno del centenario della nascita di Woody Guthrie, e che Morello e Fogerty, autori in epoche diverse di canzoni "agitatrici" come lo sono da un pezzo quelle di Springsteen, fossero della partita. Piatto invitante per il sottoscritto e un bel modo di concludere queto tour prima di dedicarsi completamente a quelle figlie che va bene portarle ad Abbey Road, ma vogliono papà con loro al mare, a tempo pieno, senza troppe distrazioni o aerei da prendere. E questa per ora la loro unica grande richiesta. Altre ne verranno, ci sarà il tempo per vagliarle.




La famiglia - the ties that bind - un amore che naturalmente scavalca la musica. Ma l'ultima serata rock'n'roll di un'estate memorabile (meglio del 1978 quando vidi per la prima volta Dylan? indimenticabile quanto l'81 del primo Bruce? Superiore all'85 che nei miei ricordi -  ma non solo nei miei – significa San Siro, e non aggiungo altro?) si è rivelata un pozzo di emozioni, la somma di tante forze, il modo migliore per unire – come si fa sulla Settimana Enigmistica – i punti disseminati sul foglio della vita e scoprire che non ne è rimasto uno che sia solo, perduto in tutto quel bianco, non raggiunto dal tratto segnato con l'inchiostro.
Non fosse stato per un controllore un po' troppo zelante degli accordi presi tra l'organizzatore e la città di Londra, uno di cui oggi non vorrei vestire i panni perchè ha staccato la spina e chiuso i microfoni nel momento sbagliato, oltre a "The Promised Land" e a "Rockin' All Over The World" cantate da Springsteen e John Fogerty ("l'Hank Williams della nostra generazione", avvisa Bruce presentandolo prima del suo show, flannel shirt di ordinanza come il suo idolo di gioventù) e a "I Saw Her Standing There" e "Twist and Shout" urlate in extremis da una E Street Band estatica insieme a Paul McCartney, avremmo goduto anche della folk song "Goodnight Irene", rimasta strozzata in un microfono che rimandava la voce di Springsteen – fuori tempo massimo – solo sulle spie del palco e non verso la gente.


Cos'era successo? Semplicemente che mentre McCartney e Springsteen già si preparavano a un terzo pezzo da cantare insieme, qualcuno ha fatto capire a un Boss e a un Baronetto – mica due qualsiasi – che gli toccava "smammare", così l'omaggio a Woody Guthrie, sussurrato a cappella e davvero impercettibile a chi era tra il pubblico, è stato la strana conclusione di una serata già storica che avrebbe potuto annoverare nella tracklist anche – proviamo a buttarla lì – "Come Together" o "All You Need Is Love".


Ma è inutile fare i conti su quel che non è stato. Vale di più la sostanza di ciò che è stato. Con la partenza piano e voce di "Thunder Road" ("questa è come una lettera d'amore che vi porto anni dopo avere aperto così il mio primo concerto londinese, ero quasi un bimbo"), con la presenza di Fogerty (le cui canzoni spinsero Springsteen a ingegnarsi per evitare la chiamata dell'esercito americano ma ancora di più l'hanno reso l'autore di canzoni che è), e con la chiusura affidata, a sorpresa, a Paul McCartney, questa è stata una serata devastante per i sentimenti. A cosa serve rimasticare, a 48 ore di distanza, la questione della spina staccata?

Collego i punti di tutta questa storia e mi pare proprio di ritrovarvi un pezzo significativo e larghissimo della mia vita. Il volo che stava per sfuggirmi nascondeva tutto questo, che ora racconto felice come un bambino di dieci anni.


(le foto di Springsteen e McCartney sono di Giovanni Canitano - all rights reserved - Thanks Giò)