venerdì 26 dicembre 2008

BABBO NATALE SI E' PORTATO VIA EARTHA KITT



Eartha Kitt è morta ieri in un ospedale di New York. Era la voce della "Santa Baby" originale, da lei incisa nel 1953 e ripresa da Marilyn Monroe e da altre stelline come Kylie Minogue, le Pussycat Dolls e Madonna. Qualcuno ricorderà che quarant'anni fa, al Festival di Sanremo vinto da Sergio Endrigo con "Canzone per te", Eartha cantò in coppia con Peppino Gagliardi.
Eartha Kitt e Babbo Natale, che singolare appuntamento. Lei aveva cantato "Santa Baby, mio Babbo Natale, portami una decappottabile del '54, celeste chiaro, e fai presto, scendi da quel camino", lui è passato a portarsela via proprio il 25 dicembre.

copia il link e guarda "Santa Baby" su You Tube
http://www.youtube.com/watch?v=xOMmSbxB_Sg

giovedì 25 dicembre 2008

BUON NATALE - HAPPY CHRISTMAS


Buon Natale a chi commissiona gli articoli e poi se ne dimentica. Buon Natale a quello che ancora crede che gli abbia rubato l’idea per un libro che ho semplicemente pensato prima di lui. Buon Natale a quel giornale che non parla mai dei miei libri. Buon Natale a quello che dietro a una telecamera ha detto “salutiamoci qui” (e allora salutiamoci qui!). Buon Natale al “fratello” che sarà al Festival. Buon Natale agli irriconoscenti e a quelli corti di memoria. Buon Natale anche a loro, certo, perché – come dicono gli americani – “anche i cani hanno un giorno fortunato”.
Buon Natale alla mia Vespa vecchietta (non è quella della foto però siamo lì) perchè mi fa sentire più giovane.
Ma soprattutto Buon Natale a chi può camminare a testa alta e a tutte le persone che mi vogliono bene. Vi voglio bene anch’io. E per questo vi auguro di restare per sempre giovani.

“May you grow up to be righteous
May you grow up to be true
May you always know the truth
And see the lights surrounding you
May you always be courageous
Stand upright and be strong
May you stay forever young
-(Bob Dylan)

giovedì 4 dicembre 2008

EDOARDO BENNATO: L'isola, anzi, il cantante, che non c'è


2 dicembre. Era stato annunciato, il suo nome era sulle locandine, Repubblica aveva pubblicato un trafiletto che parlava della sua presenza al concerto, nel pomeriggio Radio Città Futura aveva dedicato uno speciale all'evento di beneficenza "Light of day" (vedi blog qui sotto) promuovendo l'ipotizzato incontro tra il cantautore napoletano e i suoi colleghi americani. Edoardo Bennato non si è visto nè sentito. Peccato.

martedì 2 dicembre 2008

LIGHT OF DAY: la canzone americana sbarca oggi a Roma con Willie Nile, Jesse Malin, Joe D'Urso e i Marah. Per una buona causa.


Concerto di Beneficenza - Light of Day
Roma, 2 Dicembre 2008 (Stazione Birra)

Il sound della East Coast americana a favore della ricerca sul Parkinson, SLA e Sclerosi Multipla.
Una “Acoustic rock night” con la partecipazione di Willie Nile, Jesse Malin, Marah, Joe d’Urso. Special guest: Edoardo Bennato.

"Suono una sera per me e una sera per l'altro ragazzo". C'era una volta Harry Chapin, autore di canzoni, newyorkese bravissimo a dare di block notes e chitarra, ma bravo forse ancora di più a ritenere che guadagnare una sera su due gli potesse bastare. Suonava una sera per lui e una per chi ne aveva più bisogno: "one night for me, one night for the other guy", appunto. E lo raccontava orgoglioso, ed anche un po' logorroico, a chi lo incontrava per caso. Per caso, una sera fu Bruce Springsteen a ritrovarselo sotto la finestra del suo hotel. Erano gli anni Settanta, quando poteva capitare che Chapin e Springsteen dividessero lo stesso motel fuori città, e poi giù a raccontarsi come era andata, ognuno in un club diverso, ognuno con la propria band. Poi Springsteen all’inizio degli anni Ottanta ha scritto e pubblicato “The River” prima di diventare una superstar planetaria, mentre a Chapin è toccato un incidente d’auto sulla Long Island Expressway a pochi chilometri dal prossimo club in cui cantare per “l’altro ragazzo”. Avrebbe devoluto l’incasso in beneficenza quella sera, invece ha trovato la morte. A 27 anni da allora, c’è ancora chi canta “one night for me, one for the other guy”.
L’altro ragazzo si chiama Bob Benjamin e a molti il nome dirà sicuramente poco. E’ una manager di periferia, precisamente del New Jersey del nord, uno che campa gestendo gli interessi e le serate di piccoli rock’n’roller ma che lo fa con la passione di chi finisce col dare alla musica tutto sé stesso, anche le ultime forze. Sta lottando da anni con il morbo di Parkinson ma non molla i club, le chitarre, l’agenda degli appuntamenti. Per lui hanno messo insieme nove edizioni di un evento di beneficenza, il “Light Of Day”, che è attraversato dal sogno che Bob possa farcela. E' capitato così che sul palco dello Stone Pony di Asbury Park incrociassero le chitarre Bruce Springsteen e l’attore Michael J.Fox, o che Southside Johnny, Garland Jeffreys e altri cantassero le loro canzoni appassionate in cambio di nulla, perché la “cassa” serviva a dare forza alla ricerca sul male terribile che aveva colpito il loro amico.


Alcuni dei protagonisti di quelle notti seguono le orme di Harry Chapin e senza mai mancare l’appuntamento americano del “Light of Day” (“luce del giorno”, dalla canzone che Springsteen scrisse per l’omonimo film dell’amico Paul Schrader), sono anche ospiti fissi di una piccola versione europea di quei concerti. Ormai giunto al terzo anno, il giro porta in Scandinavia, Spagna, Italia e altri paesi una carovana di amici di Benjamin.
Willie Nile è stato negli Ottanta sul punto di farcela a grandi livelli, ha aperto per gli Who, creato una strada alternativa su cui chi amava "Darkness On The Edge Of Town" e "The River" poteva trovare ballate da sogno (“Across The River”) ed energia pari a quella della E Street Band (“Vagabond Moon”), Joe D’Urso da molti anni si sbatte per i club della costa est e di tutta Europa propagandando con sudore e passione una musica che non poco deve al Boss (bella la sua versione di "Cadillac Ranch" incisa anni fa), i Marah sono stati un piccolo fenomeno a Philadelphia prima di incuriosire chi pratica il rock’n’roll anche fuori dalla Pennsylvanya, Jesse Malin è stato per qualche tempo insieme all’amico Ryan Adams “the next big thing” e per chi mastica certa musica è oggi ben quotato. La critica lo adora perchè è punk e classico al tempio stesso, uno che se deve eseguire una cover (nella cui scelta è un maestro) spazia dai Ramones di "Do you remember rock'n'roll radio" a "Wonderful world" di Sam Cooke.


Tutti insieme, forti delle loro ultime produzioni (tutte consigliabili, va da sé), daranno vita questa sera ad un set acustico che se non ci fosse la Stazione Birra di Roma (in realtà Morena, frazione alle porte della città, incastrata tra fabbriche di lampadari e il primo Ikea sorto in Italia) bisognerebbe andarlo a rincorrere in qualche localino del Greenwich Village, l’ex cuore folk di New York dove ha mosso i primi passi Bob Dylan e dove Springsteen tenne uno showcase per farsi notare dal produttore musicale e talent scout John Hammond, che poi lo portò alla Columbia Records, ad iniziare quel percorso musicale ancora vivo senza il quale non esisterebbero il “Light of Day” e i suoi protagonisti.
L’incasso della serata – che verrà aperta da Antonio Zirilli and the Blastwaves, romani ma è come se fossimo sulla New Jersey Turnpike – porterà denaro europeo, altre forze dunque, a chi sta cercando di frenare il Parkinson. Non solo, a beneficiarne saranno anche quanti stanno facendo ricerche sulla SLA e sulla sclerosi multipla.

Willie, Joe, Jesse e alcuni elementi dei Marah (tutti probabilmente raggiunti da Edoardo Bennato), siederanno in circolo, con le loro chitarre acustiche e la loro generosità, senza pensare a quanto andava facendo e dicendo Harry Chapin ma comportandosi esattamente come lui.

Sarà bello, per tanti motivi.
Poi tutti a Milano, si replica il 3 dicembre, con il rocker romagnolo Lorenzo Semprini guest star italiana al posto di Bennato.