STEVE VAN ZANDT
discografia
consigliata 1976-2016
40 anni di produzioni
Questa vuole essere una lettura utile ad accompagnare la mia lunga intervista a Van Zandt che Classic Rock pubblica sul numero di Febbraio (il 39, ora in edicola).
La foto di Van Zandt pubblicata qui sotto e le altre con Darlene Love che concludono la discografia mi sono state gentilmente concesse dall'artista e sono di Josh Goleman.
Buona lettura!
Buona lettura!
Southside Johnny
& the Asbury Jukes - I DON'T WANT TO GO HOME (1976)
E' l'anno dopo Born to Run. La voce di Johnny Lyon,
all'esordio, è unica, le canzoni sono gioielli e non solo quando le firma
Springsteen (You mean so much to me,
un duetto Lyon/Ronnie Spector, e The
Fever, gigantesca). Van Zandt produce magistralmente, scrive l'epica
title-track e nelle note il Boss lo definisce "soul man
extraordinaire". Steve promosso sul campo.
Southside Johnny
& the Asbury Jukes - THIS TIME IT'S FOR REAL (1977)
Sezione fiati imponente (in parte la ritroveremo con
Springsteen undici anni dopo, in tour), il miglior campionario di special guest
possibili in campo vocal groups (dai Coasters ai Five Satins, ci sono tutti),
quando Van Zandt e Springsteen scrivono insieme partono i fuochi d'artificio in
tutto il New Jersey. Altro voto altissimo.
La copertina del singolo "Say goodbye to Hollywood" (Van Zandt è al centro, in piedi. Seduti, Springsteen e Ronnie Spector) |
Ronnie Spector and
the E Street Band - SAY GOODBYE TO HOLLYWOOD (1977) 45 giri
Con un passato passato glorioso come il suo nelle Ronettes, Ronnie
Spector, ex moglie di Phil, avrebbe
meritato di più. Questa è la cosa più memorabile del suo percorso solista. Ci
si ferma a un singolo, per vari problemi. Un'occasione simile non tornerà più. Arranged and produced by Sugar Miami Steve,
dice la copertina di questo introvabile vinile.
Southside Johnny
& the Asbury Jukes - HEARTS OF STONE (1978)
Disco che completa una trilogia imperdibile (i primi tre
dischi di Southside Johnny). Basterebbero la title-track (proposta da Springsteen in TRACKS solo nel 1998) e Talk to me (in THE PROMISE del 2010) a
renderlo indispensabile. Invece è tutto da 9 in pagella. Finisce qui il
rapporto a tempo pieno di Van Zandt con i ragazzacci dei Jukes.
Gary US Bonds e la E Street Band |
Gary U.S. Bonds -
DEDICATION (1981) / ON THE LINE (1982)
Vanno cercati in cd versione "compatta" (un solo
disco a contenere i due vinili di un tempo) questi preziosi titoli di Gary
Anderson, l'uomo di Quarter to three che
a un certo punto, nel post-THE RIVER, incontra Springsteen e la E Street Band e
ricomincia la vita. Van Zandt e Bruce producono insieme canzoni loro ma anche
dei Beatles (It's only love), di
Dylan (From a Buick 6) e di Jackson
Browne (splendida la rilettura soul di The
Pretender).
Little Steven &
the Disciples of Soul - MEN WITHOUT WOMEN (1982)
Cinque album per Van Zandt tra il 1982 e il 1999. Questo ha
le migliori canzoni (su tutte Lyin' in a
bed of fire e Until the good is gone
ma la track list è perfetta), dei fiati poderosi e una produzione che esalta il
meglio delle capacità di Van Zandt. Arriveranno
sonorità più dure in VOICE OF AMERICA, poi il funk e una scrittura meno
efficace a spegnere un passo dopo l'altro una carriera da solista che poteva
dare di più ma che non è affatto trascurabile, come prova GREATEST HITS,
pubblicato nel 1999 (a ridosso del Reunion Tour di Springsteen con la E Street
Band) e contenente il meglio dei primi tre album, tutti su etichetta Emi.
Artisti Vari - SUN
CITY (1985)
Van Zandt mette insieme proditoriamente tanti grandi artisti
(da Bono a Springsteen, da Jimmy Cliff a Lou Reed) e lancia un j'accuse contro
la politica sudafricana che tollera l'Apartheid. Questo coro soul-funky e mille
altri sono quelli che porteranno Nelson Mandela verso la libertà, la presidenza
del paese e il Nobel per la pace. L'album contiene, oltre alla canzone del
titolo, popolarissima in quegli anni, altre sei tracce, nelle quali spiccano
Peter Gabriel (No more apartheid) e Bono con Keith Richards e Ron Wood
(l'acustica, bluesy Silver and Gold).
Springsteen, Eddie Kendrix e Jimmy Ruffin dei Temptations sul set del videclip realizzato per "Sun City" |
Lone Justice -
SHELTER (1986)
Dopo avergli dato Sweet
sweet baby, presente nell'album di esordio della band di Los Angeles, Van
Zandt offre ai Lone Justice di Maria McKee il suo tocco (con l'aiuto - una
garanzia - di Jimmy Iovine) e vi
aggiunge la title-track. Il crossover
tra certe sue vecchie teorie e la voglia di suonare nuovo che Van Zandt ha non
giovano più di tanto al gruppo. Il disco è energico e contiene buoni brani (I found love, Wheels) ma è un canto del
cigno. La band si ferma lì e il suo chitarrista Shane Fontayne accompagnerà
Springsteen nel tour 1992-93, dopodiché torneranno Van Zandt e la E Street
Band.
Southside Johnny
& the Asbury Jukes - BETTER DAYS (1991)
Tredici anni dopo THIS TIME IT'S FOR REAL si rinnova il
sodalizio tra Johnny e Steve, i vecchi amici. E torna la magia di un suono
tutto fiati e soul bianco che si era andato un po' smarrendo nella discografia
dei Jukes. Tappeto rosso per la serie A
del Nel Jersey, arrivano Jon Bon Jovi e Bruce Springsteen, e It's been a long time è un nuovo inno
all'amicizia, come lo era stato I don't want to go home. Ovviamente con BETTER
DAYS il cantante di Neptune, NJ tocca nuovamente i vertici della propria arte.
Bruce Springsteen, Southside Johnny e Steve Van Zandt fotografati allo Stone Pony di Asbury Park durante la registrazione dello speciale live in supporto dell'album "Better Days". |
Arc Angels - ARC
ANGELS (1992)
Due grandi chitarristi, Doyle Bramhall II e Charlie Sexton,
più la sezione ritmica del compianto Stevie Ray Vaughn chiamano Van Zandt a
rendere ancora più robusto e un po' soul il loro blues imbevuto di southern
rock. Steve gioca in trasferta ma tiene benissimo il campo. Disco anomalo nel
suo percorso ma molto riuscito.
AA.VV. - THE SOPRANOS
(music from the HBO original series) (2001)
Segue di due anni il volume 1 ed è più promettente. Promette
che presto (ma sono intanto passati quindici anni) i misteriosi Lost Boys di Affection faranno un full album (vedi
intervista). Promette e mantiene nel dirci che Van Zandt ha gusto, perché
affianca Otis Redding ai Rolling Stones, Dylan a Van Morrison. E c'é anche
Jovanotti con Piove. Compilation
molto interessante.
Stevie Van Zandt - LILYHAMMER
THE SCORE (2015)
50 tracce in vendita solo sul mercato digitale. Sono la
colonna sonora delle tre stagioni di Lilyhammer, serie tv norvegese in cui Van
Zandt oltre a produrre veste i panni del boss Giuseppe Tagliano. Tra brani
d'atmosfera (prevalentemente jazz orchestrale) e slanci da crooner (All of me, My kind of town), Steve si traveste ora da Sinatra ora da Dave
Brubeck con esiti accettabili. Non lascia a casa la chitarra e spuntano ogni
tanto del rock'n'roll, psichedelia e il Salsa.
Last but not least...
Questa lunga analisi si conclude con una mia recensione del recente disco di Darlene Love apparsa sul sito musicale Distorsioni.net.
Per ovvii motivi ha un respiro più ampio rispetto alle schede stringate riservate agli altri album.
E' il prodotto più recente di Van Zandt e raccoglie tutta la sua filosofia, di musicista e produttore ed anche del music lover che lui stesso racconta di essere nell'intervista a cui si fa riferimento nella parte alta di questo articolo.
Nella foto: Van Zandt, Jake Clemons e Darlene Love in studio durante le registrazioni di Introducing.
Darlene love - INTRODUCING (2015)
Quando si tratta
di parlare di quell’ampio ponte che collega tra loro il suono anni ‘50/’60 di
Phil Spector e l’Asbury Sound creato alla metà degli anni ’70 dalle gang di
Springsteen e Southside Johnny c’è solo uno che può aprire bocca e mettere mano
al banco di registrazione: questo è Little Steven o Steve Van Zandt, chiamatelo
come preferite. Lui che fu complice e in qualche modo capobanda sia in Born to Run che in Hearts of Stone (punte più luminose del suono di quel lungomare del
North Jersey) ha accolto, coccolato, riverito Darlene Love, settantaquattrenne
con la verve di un ragazzina che i vecchi aficionados del rock’n’roll
ricorderanno essere stata la voce leader delle Crystals e di Bob B. Soxx &
the Blue Jeans, come dire anni splendenti per i Girls Group (con loro vanno
citate anche le Ronettes e le Chiffons). Bruce, che cantava le sue canzoni con
la E Street Band (“And then he kissed me” faceva capolino proprio nel tour di Born to run), l’ha ospitata sul suo
palco più volte, compresa la serata al Madison Square Garden in cui vennero
celebrati nel 2009 i 25 anni della Rock’n’roll Hall of Fame.
Quella sera fu festa, e la E Street Band si
divertì a replicare con lei quei successi di quando tutti erano ragazzi e
dedicavano forse più ore al surf che agli strumenti musicali.
Darlene Love accompagnata dalla e Street Band e da alcuni dei suoi coristi al Madison Square Garden di New York. |
Introducing Darlene Love è un titolo spiritoso perché si usava ai
tempi del r’n’r per introdurre gli sconosciuti sulle scene, roba da esordienti
dunque, ma poi passi all’ascolto e le cose si fanno serie anche se molto, molto
divertenti. Il lavoro svolto da Van Zandt ha dell’incredibile. Ha preso per
mano Darlene facendole trovare canzoni scritte per lei dall’amico Boss (“Night
closing in” è un colpo al cuore, è The
River che incontra Willy de Ville), da Joan Jett (“Little liar”), da
Costello (“Forbidden nights”, anche un video che sa di saturday at the beach) e
dall’ex Four Non Blondes Linda Perry (oggi migliore firma nei dischi di Pink,
qui autrice della superba “Love kept us foolin’ around”, con un arrangiamento
fiati che ricorda tremendamente i Jukes). Tutto si esprime nella ridondanza
(voluta) che ricorda le opere di Spector quanto l’esuberanza di alcuni momenti
del recente Wrecking Ball di
Springsteen (“Just another lonely mile”, da lui scritta, potrebbe essere
proprio un’outtake da quel disco).
Un vecchio
moderno che non dimentica ma non annoia. Anzi. C’è poi sempre Steven a dare il
proprio tocco personale al tutto. La chitarra e i fiati in “Little Liar” sono
il suo marchio di fabbrica, e due brani sono proprio il frutto della sua penna:
“Among the believers” era sul suo Voice
of America (1983) e “Last time” l’aveva composta lui per Gary U.S. Bonds ai
tempi di un altro album, On the Line
(1982), che come questo santificava il rock’n’roll della giovinezza attraverso
la voce di un grande di quegli anni.
Operazione per
appassionati del genere ed anche per curiosi di passaggio. Dove c’è una ruota
panoramica che gira e un rollercoaster che produce rumore di ferraglia questa
musica ci sta a pennello. Darlene Love vi è stata “presentata”, ora tocca a
voi.
© 2016, Ermanno Labianca