Si viene e si va di umana commedia
che c'è chi la spiega e c'è chi vive e va
si viene e si va comunque
fischiando cantando - (Ligabue)
La morte di Levon Helm - batterista, cantante, mandolinista della Band, uomo che conosceva i mille rivoli dell'American Music, attore - lascia un vuoto enorme. Aveva una tra le più belle voci di tutti i tempi. E poi suonava dietro ai tamburi e ai piatti con tutta l'anima, basta rivedere come teneva il tempo in Mystery Train nel film The Last Waltz diretto da Martin Scorsese. Era quello che ha rimesso e tenuto insieme il gruppo oltre ogni difficoltà, morte o abbandono. Resta ormai così poco di quella meravigliosa storia che è stata la storia di The Band. Quasi nulla. Robbie Robertson, l'autore principale, è sembrato negli ultimi vent'anni molto distante da quanto aveva fatto come leader del gruppo. Richard Manuel morto sucida nel 1986, Richard Danko ucciso dalle droghe e dal suo cuore nel 1999. Garth Hudson aveva lo scorso anno messo insieme una celebrazione tutta canadese del suono del gruppo ma non è figura più defilata, benchè sempre presente nelle attività post-Robertson, compresi i tre dischi pubblicati negli anni Novanta.
Resta poco di The Band ed è così triste perchè quella formazione, con le sue voci, tutte incredibilmente belle, è stata una colonna della musica americana. Quei ragazzi canadesi erano stati – col nome The Hawks - la prima band di Bob Dylan e con lui erano tornati negli anni Settanta per farsi ricordare e riascoltare oggi da quell'inossidabile live che è Before The Flood (vedi foto, da quel tour, con Dylan e Helm che giocano a ping pong). Senza parlare di tutti quei recuperi di cose registrate e rimaste lì che si intitola The Basement Tapes. I ragazzi hanno pubblicato album meravigliosi e scritto canzoni che resteranno eterne: It Makes No Difference, The Weight, Ophelia, Twilight. Quante.
Ricorderò per sempre una sera di quasi vent'anni fa allo Stone Pony di Asbury Park: la mattina avevo comprato a New York la biografia della Band – This Wheel's On Fire - scritta da Helm, così gliela porsi per fargliela autografare, sognavo di incontrarlo da quando avevo acquistato il triplo album The Last Waltz che ero ancora minorenne. Lui e Rick Danko stavano salendo sul tour bus dopo lo show, sudati e felici. Con loro entrava anche Warren Zevon, che aveva aperto la serata. Mi misi a parlare e mi dimenticai anche di chiedergli la firma. Che importava? Avrò sentito le loro canzoni, della Band e di Zevon – Un On Cripple Creek, Acadian Driftwood, The Shape I'm In, The Night They Drove Old Dixie Down, e Mohammed's Radio, Excitable Boy, Werevolwes of London, e altre - un milione di volte.
Mi bastava aver fatto qualche foto durante lo show (una, che ritrae Zevon sul palco con Rick Danko mi è particolarmente cara - ed è qui sopra).
Helm, Danko, Zevon: se ne sono andati tutti e tre. Tre grandissimi artisti.
Ho trovato queste bellissime parole del chitarrista Larry Campbell, collaboratore e grande amico di Helm. E le incollo qui. Tutto vero. Tutto giusto. Se non conoscete la musica di questi artisti cercatela.
“The one guy who can do any form of honest American music with authority. He can do Southern gospel like he grew up in a chuch, blues like he was born on the Delta, rock 'n' roll like he was there at the beginning. He's the Delta of American music".
I Counting Crows sono la nuova Band, si è sempre detto. Nel senso che stavano prendendo il posto che nei Settanta era stato del gruppo composto da Robertson, Helm, Danko, Manuel e Hudson. The Band/Counting Crows: stesso calore, stessa espressività, stessa abilità nel coprire ogni zona del rettangolo di gioco della musica americana. Formazioni "a tutto campo" così ne nascono una ogni cinquant'anni. E' un segno del destino che io mi sia trovato a scrivere del nuovo album dei Counting Crows per un nuovo mensile (lascio l'annuncio ufficiale all'editore) sull'onda della scomparsa del grande Levon Helm, proprio il giorno della brutta notizia, proprio nelle ore in cui tutti venivano a sapere della fine di quell'uomo sensibile e forte che ha tenuto in vita il mito The Band anche se da anni c'era un tumore alla gola a fiaccarlo.
Salutiamo il nuovo album (tutte cover tranne Four White Stallions) dei Counting Crows – Underwater Sunshine (lo pubblica Cooking Vynil/Edel) - in cui il gruppo di Adam Duritz canta Dylan (You Ain't Goin' Nowhere, e la coincidenza è bellissima), i Faces (britannici molto americani) e Gram Parsons (Return Of The Grievous Angel, con un mandolino alla Levon Helm). Se i capolavori di questa formazione restano l'esordio August & Everything After e Hard Candy, questo è un disco assai opportuno che esce nel mese in cui si mette la parola fine alla lunga storia di gruppo di Robertson e compagni.
1 commento:
secondo me, la canzone più bella in assoluto resta The Night They Drove Old Dixie Down. Epica! E piena di storia, la Grande America che forse sta andando via pezzo per pezzo, ogni volta che un uomo come Helm ci saluta.
Se male non ricordo, avevi messo una foto di Levon Helm sulla tua fanzine, insieme ad un ragazzo che parecchi anni fa era stato a A.Park, proprio allo Stone Pony.
E poi cosa si può dire di The Last Waltz? Forse il più grande film musicale di tutti i tempi.
Bei tempi...
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