domenica 23 ottobre 2011
MARCO SIMONCELLI 1987-2011
Un mese fa, esatto, il 23 settembre, ero con Marco Simoncelli al Quirinale. Era a due sedie da Federica Pellegrini. Miti giovani del nostro sport. Giorni prima avevo pensato a lui, campione amato dai giovanissimi, un po' rockstar un po' cartone animato, convinto che con i suoi ventiquattro anni così poco allineati e i suoi riccioli sarebbe piaciuto a duemila studenti seduti in platea. Lui aveva accettato di partecipare alla trasmissione "Tutti a scuola", a casa del Presidente. Lei era li, rispettosa ed emozionata, altro che l'insensibile che qualcuno ha dipinto dopo il suo no (un "no" tecnico, motivato) a portare la bandiera italiana all'opening delle prossime olimpiadi. Se la burocrazia non ci avesse bloccati, Marco avrebbe anche cavalcato la moto dei corazzieri per entrare nel cortile d'onore. Vestito di tutto punto ma indossando il suo casco, quel casco che oggi è volato via insieme alla sua giovane vita. Per me è una domenica di grande tristezza.
Addio James Dean su due ruote.
"Too fast to live, too young to die, bye bye".
venerdì 21 ottobre 2011
BRUCETELLERS - Un libro di emozioni e solidarietà nel segno di Bruce Springsteen. Una serata per ricordare, aiutare, cantare. Pistoia, 22 ottobre.
Hanno amato e amano Bruce Springsteen visceralmente, hanno scritto di lui, parlato di lui, sognato di incontrarlo, e alla fine, ognuno con il suo ruolo, le sue aspirazioni, il suo momento, la sua opportunità, lo hanno avvicinato, dando forma a quel sogno. Chi da sotto a un palco, a goderne semplicemente le gesta di fratello maggiore e fortunato che può cantare per gli altri, chi nella hall di un albergo prima o dopo un concerto, chi in un camerino, in un backstage o per strada, in cerca di un approccio discreto perchè l'uomo lo merita. Sono giornalisti, scrittori, musicisti, disegnatori, fotografi, liutai, grafologi, collezionisti, professionisti della musica e semplici fan, uomini e donne che vivono una passione matura, non offuscata da slanci isterici nè da feticismo, ma cullata nella consapevolezza di avere indirizzato in modo corretto le proprie attenzioni, senza lasciarsi stravolgere la vita bensì adattandola alle circostanze e all'esempio che Springsteen offre costantemente con le sue opere e i suoi gesti.
Ecco allora tutti pronti a raccogliere i propri pensieri in Brucetellers (240 pagine, Edizioni Nuove Esperienze, disponibile da domani, 22 ottobre), a rovistare nell'armadio dei ricordi, a recuperare cose dette agli amici o scritte già su qualche libro, opinioni pubbliche e private, frammenti di vita che non si possono dimenticare - no, mai – per restituire in qualche modo il bene che si è ricevuto, per disobbligarsi nei confronti di quel gigante di umanità che tanta bellezza ha contribuito a crearla e per non lasciare sotto silenzio la storia piccola ma non meno importante di chi quella bellezza ha potuto assaporala per poco tempo, ma ne è stato e ne rimmarrà parte.
Questo esercito di innamorati pazzi della musica e della vita ha risposto alla chiamata per accendere una luce davanti al viso di Giacomo Melani – uno di loro, uno di noi – che a 30 anni o poco più ha lasciato la transenna sotto al palco, le corse per il posto migliore, l'emozione da cogliere in un nuovo disco, ha lasciato gli amici, i bambini a cui insegnare il basket, ha lasciato quella palla rossiccia così americana, americana come le canzoni che gli scaldavano il cuore ogni giorno della sua vita. Ha lasciato la vita perchè era scritto così ma la vita non ha lasciato lui.
Questa la storia dietro a un volume che parla di tutti, anche di Giacomo, un libro di frammenti e storie dalla punteggiatura varia, dove non serve mettere in fila i nomi in ordine alfabetico o secondo notorietà, dove la visione è una sola, e dove le parole sono state stese e spese per riscaldare ancora una volta il motore e tenere tutti compatti in attesa di un nuovo Springsteen, ma soprattutto per dare un piccolo aiuto all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze (Giacomo era del pistoiese, in quelle zone un tragico incidente stradale lo ha strappato nel 2010 al bello che Brucetellers ha l'ambizione di raccontare).
Le firme sono tante, tutti – recitano le note di presentazione di Brucetellers - "hanno accettato di prestare gratuitamente la loro opera abbracciando lo spirito benefico e il comune senso di appartenenza a quella patria trasversale di seguaci del Jersey Devil, artista sensibile e altruista".
Dopo le parole scritte, domani sera, 22 ottobre, al Piccolo Teatro Bolognini di Pistoia sarà tempo per un abbraccio e per le canzoni che hanno nutrito tutti. Alcuni saluteranno da lontano ma vicini con il pensiero, altri leggeranno, qualcuno suonerà. Per non dimenticare nessuno – Giacomo, Danny, Clarence e tanti altri – per alzare un bicchiere "for the comrade we've lost", per ripetersi che quel sogno – ogni sogno – va inseguito, ovunque possa portarti.
E per convincersi, con un sorriso, che alla fine non è importante quanto vivi ma come vivi.
Per info sui contenuti del libro e sulla serata
http://brucetellers.wordpress.com/
giovedì 13 ottobre 2011
ROUTE 61 MUSIC - le pubblicazioni di ottobre/novembre 2011: Daniele Tenca, Donald & Jen MacNeill with Lowlands, Mardi Gras, Marco Conidi. All aboard!
For You 2, l'omaggio "roots" a Bruce Springsteen pubblicato il 7 settembre del 2010, ha fatto da apripista. E' poi subito arrivato l'esordio di Francesco Lucarelli, ospite Graham Nash.
In questi giorni, mentre leggete, stanno arrivando sul mercato (fisico e digitale, controllate I-Tunes)altri tre prodotti e tre artisti: un bluesman italiano, Daniele Tenca, che canta di classe operaia come fosse B.B.King dopo due ascolti di Born To Run; il folksinger scozzese Donald MacNeill che insieme alla figlia Jen e ai nostri Lowlands ha registrato un disco di una bellezza e di una semplicità stordenti, che ribaltano il nostro calendario, come se fossimo in giro per il Greenwich Village negli anni Sessanta indossando un I-Pod; infine i Mardi Gras, muscoli italiani e voce irlandese, il cui esordio ospita l'Hothouse Flowers Liam O'Maonlai e canzoni sorprendentemente mature, frutto di un lavoro di anni sull'asse Roma-Dublino.
Ma "Americana Made in Italy", questo il nostro timbro (che evidentemente ha confini larghi e larghe vedute, in segno di un amore incrollabile per la musica contaminata), sta per viaggiare anche sulle strade del songwriting italiano in aria di chitarre americane. A fine ottobre arrivano anche Marco Conidi e "Cinque anni", un disco che intende fare un passo in avanti guardandosi indietro, one step up two steps back. Canzoni piene di voglia di andare avanti, ancora, senza dimenticare quel che è stato. Una sopresa assoluta per i tanti fan del cantautore romano, che cantò Springsteen e i Soul Asylum ma che ha anche un ampio e bellissimo repertorio originale di canzoni per gente "ai margini", anche lui attratto da quella darkness on the edge of town che è linfa per molti autori.
In catalogo anche il primo For You (1995) e gli album di Joe Slomp pieni di cover in chiave west coast, soul e jazz.
Route 61, un'etichetta che è anche un sito, oltre a dischi proporrà libri, gli arretrati di Follow That Dream e molto altro.
All aboard, se avete benzina. La Route 61 è aperta!
www.route61music.com
sabato 2 aprile 2011
JESSE MALIN - Profumo di Bowery - St.Marks Social in Italia fino al 9 aprile
Jesse Malin sta attraversando l'Italia, con la forza dei suoi 43 anni, troppi per quello che gli vediamo fare sul palco. Diciamo che la sua età è ferma a 34, gli inverni che aveva accumulato nei giorni in cui registrava il suo primo disco da solista, "The fine art of self distruction" (uscito nel 2003). A 34 anni Dylan pubblicava "Blood on the tracks", Springsteen si era da poco messo alle spalle "Nebraska", Neil Young scriveva "Rust never sleeps", Tom Petty portava in giro le canzoni rabbiose di "Long after dark" e John Mellencamp, che l'Italia vedrà finalmente presto (a luglio), faceva girare sui nostri piatti "Scarecrow".
Jesse Malin è tosto, intenso, clamorosamente convincente come quei cinque campioni nei loro giorni migliori.
Lo è perchè è energico, credibile, pienamente nei suoi panni come se stesse ancora promuovendo il primo disco, e invece se ne contano 7/8 tra full album e qualche mini. In meno di dieci anni, da quando ha messo a riposare i D-Generation, cellula quasi punk fuorisucita dalle strade intorno alla Bowery di New York (ma da quella band è tornato con lui l'eccellente chitarrista Ted Hutt), Malin non ha spostato di un millimetro la sua direzione e la velocità di crociera è quella di allora, se non superiore. Sentiamo che non diventerà una big star come quelle citate sopra, suoi mentori e in qualche caso amici (Bruce lo avveva affiancato in "Broken Radio" qualche anno fa), ma è confortante sapere che c'è ed è così, perchè concerti come il suo sono merce rara.
Ho pensato tutte queste cose ieri sera, al Big Mama di Roma (prima di sette tappe italiane), mentre quelle pareti registravano un numero di decibel al quale non sono abituate, e il pubblico si coccolava quell'ometto nervoso e romantico che si porta addosso, indelebile, l'anima della sua città e il tanto rock che questa ha prodotto, soprattutto a cavallo tra la metà degli anni Settanta e quella del decennio successivo, dieci lunghe stagioni in cui Manhattan aveva i più bei club (Ritz, Bottom Line, Lone Star Cafè - tutti spariti) e i più bei negozi di dischi del mondo.
Jesse sa, sente - stretto nella sua giacca nera e nella sua t-shirt della Motor City - di essere a suo modo un sopravvissuto, la corteccia caduta di una quercia che non esiste più, polverizzata dall'11 settembre, dalla recessione di qualche anno dopo e dalla galoppante fantasia di chi un passo dopo l'altro sta ammazzando della musica tutti i supporti fisici. Non arriva a caso l'invito a frequentare i pochi negozi indipendenti di dischi rimasti nel Greenwich Village (e nei Village di altri angoli di mondo), perchè "lì si compra musica che non pensereste di comprare - dice Malin - la si scopre, la si annusa, si conoscono persone, con cui poi può anche capitare di farci l'amore, capito?, tutto quello che non accade davanti al computer e a un negozio virtuale". Parole dal palco che suonano uguali a quelle scritte dentro "On Your Sleeve", l'album di cover del 2008, che "non mi ha fatto guadagnare nulla perchè – come dice il mio manager – se non scrivi le tue canzoni, la busta con l'assegno che arriva agli autori ogni tre mesi è leggera, maledettamente leggera", ma che "mi ha fatto ricevere in segreteria le chiamate più inaspettate, dai miei amici della high school che ora vivono chissà dove, e da qualche vecchia fiamma, perchè ho cantato le 'loro' canzoni, quelle che avevano comprato in quel genere di negozi, con tutto quel che ne conseguiva quando ci entravano".
Nel suo primo show italiano di questo "tour de italia", Malin non ha dimenticato le cover dei brani che lo hanno formato (stre-pi-to-sa la conclusiva "Instant Karma", del primo Lennon post Beatles) ma ha soprattutto rovesciato con una buona dose di violenza sul pubblico le canzoni dei suoi dischi, da "Wendy" a "Hotel Columbia", da "Cigarettes & violets" alle ultime - racchiuse in "Love it to life" - come "Burning the Bowery", "All the way from Moscow" e "Disco Ghetto".
Band perfettamente calata nel suono i St.Marks Social, e dall'abbigliamento giusto (un possibile ponte tra i Knack, i Cars e i Bad Brains). Chitarre Gibson pompate a dovere dai Marshall, sprazzi di new wave e docili ballate col pianoforte, una stella al centro del palco che vorresti portartela a casa tanto è brava a farti riassaporare una pietanza che pare sparita. E' una bella fortuna avere l'occhio per accorgersi che qualcosa di forte sta tornando a succedere, e non rimanere a casa a recriminare. Un vecchio-nuovo vento spira grazie a giovanotti che da ogni latitudine (Malin - la stella - poi i Gaslight Anthem, gli Hold Steady, Mumford & Sons, i Decemberist, e ci metto anche gli inglesi Beady Eye di Liam Gallagher) ci stanno portando un nuovo grunge, che col grunge poco ha a che fare ma che parla la stessa lingua, ha la stessa indomabile forza rigenerante.
Io mi sono sentito un trentaquattrenne di fronte alle canzoni e al sudore di Jesse Malin, e non c'è denaro che possa comprare questa sensazione.
Se siete a un tiro di schioppo da Dozza, vicino Bologna, catapultatevi immediatamente al Teatro Comunale. Per tutti gli altri, sempre che il messaggio sia giunto chiaro e abbia fatto centro, restano 5 date, che non sono poche, fino al 9 aprile: Casalgrande, Cantù, Trieste, Valgardena, Chiari.
Rocking the Bowery. Si, si può anche qui. Basta esserci. Perchè le emozioni raccolte di persona restano più di un volonteroso racconto.
Grazie a Filippo De Orchi per le foto.
sabato 1 gennaio 2011
(MY 33) BEST IN MUSIC - 2010
33 perchè appartengo alla generazione del vinile e certe emozioni non si scordano. Sono 33 i miei "best of 2010": canzoni, collaborazioni, album, ristampe.
33 ma potevano essere 66, o 99. Oppure 11. Dipende dall'attimo in cui ci penso.
E naturalmente è tutto temporaneo, perchè domani potrebbero essercene altri 33 nella mia testa. Capita a me, immagino valga un pò per tutti.
Ma questi ho scritto e questi resteranno. E se mi pentirò di qualche infatuazione passeggera non lo dirò a nessuno. Qui hanno tutti pari dignità: Il Beach Boy che scherza (scherza?) col catalogo di Gershwin, Kid Rock che si sente un pò Bob Seger, i Gaslight Anthem (da New Brunswick, NJ) che si sentono dei piccoli Boss, Eminem che mi cattura grazie a Megan Fox (nel video) ma poi scopro che il pezzo gira, John Legend che rappresenta quel nuovo (nuovo?) che avanza guardandosi indietro.
Ci ho infilato l'energia quasi punk di certe cose, il country e il soul di altre, sprazzi di pop e sussulti hip hop, l'Italia che canta l'italiano e quella che è più a suo agio con la lingua inglese. Poi ho leccato la busta. Non si torna indietro.
Prima dell'elenco, due divagazioni extra "dischi": il film sul giovane Lennon (qui rappresentato da Maggie May nella zona "songs") è un gioiello, la biografia di Keith Richards una necessità.
A me questa musica ha dato molto piacere tra qualche dispiacere.
Voltiamo pagina. 2011, che ci porterai?
My 33 BEST OF 2010 in Music
Albums
Brian Wilson - Reimagines Gershwin
Gaslight Anthem - American Slang
Jesse Malin & the St.Marks Social – Love it to life
Paul Weller – Wake up the nation
Ryan Bingham – Junky star
Johnny Cash – America VI: Ain't no grave
Songs
Ray La Montagne – New York City's killing me
Bruno Mars – Just the way you are (no, not the Billy Joel song)
The Nowhere Boys – Maggie May (Nowhere Boys – OST)
Train – Hey soul sister
Pink – I don't believe you
Josh Ritter – The curse
Collaborations
John Legend and Roots, featuring Melanie Fiona– Wake up everybody
Elton John / Leon Russell – The hands of angels
Kid Rock / Sheryl Crow (with Bob Seger) – Collide
Ray Davies / Bruce Springsteen – Better things
Mavis Staples / Jeff Tweedy – Wrote a song for everyone
Eminem Feat Rihanna - Love the Way You Lie
Ristampe/Reissues/Box set/Live albums
Bruce Springsteen – The Promise: Darkness on the edge of town Story
John Lennon / Yoko Ono – Double Fantasy: Stripped down
Wings – Band on the run: special edition
Rolling Stones – Exile on Main St. reissue
The Stooges – Have some fun: Live at Uragano's
Otis Redding – Live on the Sunset Strip
Italy (canzoni/songs)
Negramaro / Elisa – Basta così
Lowlands – Life's beautiful lies
Malika Ayane / Cesare Cremonini – Believe in love
Pierdavide Carone – Hey baby
Anna Oxa – Tutto l'amore intorno
Paolo Belli / Karima – Vorrei incontrarti fra cent'anni (live@Telethon)
Fuori categoria 1 (conflict of interest)
Francesco Lucarelli (with Graham Nash) – Mr. Sunshine
Daniele Groff – Radio Nowhere (For You 2: a tribute to Bruce Springsteen)
Fuori categoria 2 (di un altro pianeta)
Peter Gabriel - Scratch my back
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